Monopattini addio? Parigi decide con un referendum

18/03/2023 08:44 Il Foglio

Lo scorso 14 gennaio, Anne Hidalgo, sindaca socialista di Parigi, ha preso tutti alla sprovvista: annunciando in un’intervista al Parisien, condotta dai lettori del giornale, la tenuta di un referendum sul mantenimento o meno del servizio di monopattini a flusso libero (free floating) nella capitale francese. “Pour ou contre les trottinettes en libre-service à Paris?”, è la domanda a cui i parigini saranno chiamati a rispondere il prossimo 2 aprile, pro o contro il mezzo di trasporto che assieme alle bici elettriche in condivisione ha rivoluzionato la mobilità parigina negli ultimi cinque anni, ma che oggi, per vari motivi, securitari ed ecologici in primis, è al centro di una campagna di demonizzazione. “La mia idea è che si debba mettere fine ai monopattini a flusso libero a Parigi (...) Che i parigini abbiano il proprio monopattino va bene. Ma c’è un vero problema col free floating. Non è ecologico. E i dipendenti di queste società non sono adeguatamente protetti”, ha dichiarato al Parisien Hidalgo.  E pensare che era stata propria lei, nel 2018, a favorire l’ingresso delle “trotti”, come le chiamano affettuosamente gli utenti: ispirandosi a San Francisco, antesignana in materia, e con la promessa di trasformare Parigi in una delle capitali mondiali della “micromobilità dolce”. Cosa che le è anche riuscita: nel 2022, Parigi ha registrato 2 milioni di clienti fedeli al monopattino in sharing, per un totale di 15,5 milioni di corse tra i suoi venti arrondissement. “Le collettività dovrebbero come minimo favorire questo servizio urbano innovativo di iniziativa privata”, scrissero nel 2020, in una nota del think tank progressista Terra Nova, i giuristi Guillaume Dezobry e Louis de Fontenelle, e l’economista Carine Staropoli. Il monopattino elettrico “si iscrive nel paradigma virtuoso dell’economia collaborativa”, non richiede “grossi investimenti dal punto di vista della pianificazione urbana” e si è già sviluppato in una ventina di città in Francia grazie all’“infatuazione” suscitata nei cittadini, aggiunsero i tre studiosi, elogiando in particolare il modello parigino. Uomini d’affari e banchieri, intellò e bobò, studenti e post-adolescenti, camerieri e tiratardi: tutti, almeno una volta, sono saliti a bordo di questo mezzo ludico e sbarazzino, pratico e flessibile, che in varie zone della capitale francese ha permesso di ridurre il numero di macchine, dunque anche l’inquinamento, e a molti di non arrivare in ritardo a un rendez-vous di lavoro o amoroso. Ora, invece, basta sentire quello che dice David Belliard, assessore ai Trasporti di Parigi, per capire che aria tira: “Il bilancio dell’esperienza di questi monopattini elettrici a flusso libero è negativo. Abbiamo cercato di regolarli, siamo passati da diciassette operatori nel 2018 ai tre attuali, e non funziona. Abbiamo chiesto loro di limitare la velocità a 10 km/h invece dei 25 km/h previsti, di immatricolare la loro flotta per identificare gli autori delle inciviltà, ma non è stato fatto nulla”, ha affermato Belliard, puntando il dito contro Dott (franco-olandese), Tier (tedesca) e Lime (americana), le tre società di monopattini in sharing rimaste sul mercato parigino. La Hidalgo e i suoi consiglieri, per convincere i cittadini a optare per il no il prossimo 2 aprile, mettono in evidenza il numero di incidenti verificatisi in monopattino (3 morti e 459 feriti a Parigi soltanto nel 2022), la breve durata delle batterie (tutte made in China), e il discutibile impatto ambientale, connesso all’utilizzo di veicoli inquinanti da parte dei cosiddetti “juicers” per raccogliere, ricaricare e ridistribuire i monopattini in città, e alle emissioni legate alla produzione dei materiali e dei componenti che servono per costruirli, ossia il litio per le batterie e l’alluminio per il telaio. Infine, la giunta socialista evoca il problema dell’“anarchia urbana”, anche se non è proprio così: a Parigi, da quando è stato introdotto l’obbligo di lasciare la propria trotti nei molti  parcheggi appositi disseminati nella capitale (le applicazioni, attraverso la geolocalizzazione e la richiesta una foto di conferma, non consentono di mettere fine alla corsa se il mezzo di trasporto utilizzato non viene parcheggiato correttamente), i casi di inciviltà sono poco frequenti, rispetto all’epidemia di “parcheggi selvaggi” di Roma, per esempio, dove i cittadini sono spesso costretti a fare slalom tra monopattini abbandonati sui marciapiedi.  Ma secondo molti osservatori, dietro questa consultazione popolare annunciata all’improvviso, ci sarebbe soprattutto la volontà, da parte di Hidalgo, di rilanciarsi politicamente. “Cerca di ripulire la sua immagine di donna che decide tutto da sola, ma è soltanto un’operazione di comunicazione”, ha reagito Catherine Ibled, consigliera di Parigi in quota Indépendants et Progressistes. “Dissimula la propria responsabilità sulla mancata manutenzione della viabilità che sta aggravando la situazione. Avrebbe potuto chiamare il sindaco ecologista di Bordeaux o Alain Anziani, presidente della metropoli bordolese, che si sono dotati dei mezzi per gestire assieme l’organizzazione delle mobilità dolci”, ha aggiunto Ibled. Il referendum di Hidalgo è contestato sia nella forma sia nei contenuti anche dall’opposizione gollista, che vede in questa mossa un tentativo disperato di risalire nei consensi, dopo il flop clamoroso delle elezioni presidenziali, dove ha raccolto meno del due per cento da candidata del Partito socialista, e il rischio di commissariamento che incombe sul comune, a causa dei quasi 8 miliardi di debito accumulati durante la sua gestione. “Sarebbe opportuno lanciare finalmente una riflessione e avere una visione globale sull’organizzazione della mobilità a Parigi. Aboliremo i monopattini, poi ci renderemo conto che i problemi sono gli scooter… E’ una politica cieca. Anne Hidalgo invita i parigini a votare sul caos che lei stessa ha creato”, ha tuonato Nelly Garnier, consigliera comunale dei Républicains, il partito della destra gollista. Critiche all’iniziativa della sindaca, che, pur affermando “rispetterò il parere dei parigini”, si è già espressa a favore dell’abolizione dei monopattini a flusso libero, sono arrivate anche da personalità di spicco della sinistra ecologista: come l’eurodeputata e presidente della Commissione trasporti del Parlamento europeo Karima Delli. In una lettera aperta sul Monde, Delli ha ricordato all’inquilina del comune parigino fino a che punto l’irruzione delle mobilità dolci abbia modificato in positivo la viabilità di Parigi e delle altre città francesi, emancipando i cittadini dall’utilizzo “obbligatorio” dell’auto che, oltre a inquinare, contribuisce più di ogni altro mezzo di trasporto alla saturazione dello spazio pubblico. La capitale francese, sottolinea l’eurodeputata green, è diventata uno dei poli più importanti delle nuove mobilità, un modello per le altre metropoli europee, e questo grazie alle politiche pro innovazione dell’ex ministro dell’Economia e in seguito presidente della Repubblica Emmanuel Macron, ma anche alle iniziative urbanistiche della stessa Hidalgo.  Perché allora mettere fine a un fenomeno che sicuramente è perfettibile ma che nel complesso si è rivelato positivo, redditizio, favorisce la decarbonizzazione ed è popolare tra giovani e meno giovani? Dinanzi alla foga proibizionista di Hidalgo, il governo francese, per voce del ministro dei Trasporti Clément Beaune, ha risposto che, come tutte le nuove avventure di disruption, e come accadde anche per gli Ncc (Uber & co), può essere governato, normato e integrato con alcune correzioni. Meglio regolare che vietare, insomma. “Anne Hidalgo vuole vietare i monopattini senza assumersene le responsabilità, dunque indice un referendum senza campagna e senza che le opinioni possano esprimersi in contraddittorio”, ha dichiarato Beaune al Journal du dimanche, fustigando la guerra ai monopattini lanciata dalla sindaca, che ha tutta l’aria di una “ammissione di debolezza”. “Nel 20 per cento dei casi, i monopattini vengono utilizzati al posto di un mezzo di trasporto inquinante come le macchine e gli scooter, secondo uno studio commissionato – e nascosto – dalla città di Parigi”, ha aggiunto Beaune che, oltre a essere ministro, è anche deputato nella settima circoscrizione di Parigi. Nel 2019, la Loi d’orientation des mobilités, tra le altre cose, conferì maggiori competenze ai comuni per la regolazione e la gestione dei servizi di mobilità, tra cui appunto i monopattini in condivisione. Beaune, sulla scia di quel testo, proporrà a breve un “quadro normativo nazionale rafforzato” per andare incontro alle nuove esigenze delle città in materia di regolazione dei monopattini elettrici. Tra le idee anticipate al Jdd: l’aumento dell’età minima per salire a bordo di una trotti da 12 a 16 anni, o quantomeno a 14; l’introduzione di un numero di identificazione del mezzo per poter individuare più facilmente chi si macchia di inciviltà; controlli rafforzati da parte degli agenti di polizia e inasprimento delle multe; l’obbligo di luci lampeggianti su ogni monopattino per essere più visibile. “E’ imperativo per evitare drammi che coinvolgano giovani adolescenti”, ha precisato Beaune. Sulla questione della durata delle batterie, il ministro è d’accordo con la sindaca. E’ necessario “un allungamento della durata della batteria e un obbligo di riciclo in Francia”, ha affermato Beaune. Si è detto invece contrario, per ora, al casco obbligatorio, perché ciò, allora, dovrebbe valere anche per le bici, e “per essere efficace, un’obbligatorietà deve poter essere controllata, ciò riguarderebbe un numero immenso di casi”.  A due settimane dal referendum, i tre operatori interessati, Dott, Tier e Lime, non stanno certo a guardare. In questi giorni, stanno portando avanti diverse operazioni di marketing per convincere i parigini a votare a favore del mantenimento dei 15 mila monopattini a disposizione nella città. Lime, per esempio, ha offerto una corsa gratis di dieci minuti (il tempo di andare a votare nel seggio elettorale più vicino) a tutti coloro che forniscono una prova di iscrizione alle liste elettorali, conditio sine qua non per potersi esprimere il prossimo 2 aprile. “Proporre di acquistare gli elettori non è proprio il massimo!”, ha twittato indignato David Belliard, l’assessore ai Trasporti di Parigi. La californiana Lime, dal canto suo, risponde che non c’è niente di illegale in questa pratica, che anche loro, come Hidalgo e i suoi fedelissimi, sono in campagna elettorale, e che è l’unico modo per far muovere i giovani, visto che il comune, furbescamente, non ha autorizzato il voto elettronico. Le tre aziende, dinanzi alla demonizzazione dei monopattini come principale fonte di pericolo e di incidenti per le strade di Parigi, sbandierano i risultati di uno studio effettuato dalla società di consulenza 6t proprio per conto del comune diretto da Hidalgo. Secondo l’inchiesta, la percentuale di utilizzatori di monopattini a flusso libero ad aver subìto un incidente è del 26 per cento: cifra che quasi raddoppia, 51 per cento, per i ciclisti che usano le Vélib, il servizio di bici gestito dal comune. “La prossima tappa consisterà nel vietare le Vélib?”, si chiede ironicamente la presidente della Commissione trasporti del Parlamento Ue, Karima Delli, mettendo in luce le contraddizioni di questo referendum. Dott, operatore fondato ad Amsterdam da due giovani francesi formatisi a Ofo, il gigante del bike-sharing cinese, mette in avanti la sua expertise in materia ambientale per sedurre i parigini, notoriamente sensibili a tutto ciò che rima con green. Lo scorso 13 marzo, nel suo atelier di Villeurbanne, nei pressi di Lione, Dott ha infatti presentato un programma di ricondizionamento destinato a prolungare la durata di vita delle sue trotti da tre a sette anni. Martedì, attraverso le rispettive app, i tre operatori hanno anche diffuso un messaggio congiunto per difendere quanto di buono hanno fatto per la collettività in questi cinque anni. E continuano a fare. Negli ultimi giorni di scioperi di massa contro la riforma delle pensioni, con metrò e bus fermi, hanno permesso ai parigini di continuare a muoversi da una parte all’altra della città. C’è infine il capitolo occupazione. Perché Dott, Tier e Lime rappresentano uniti “una filiera di 800 posti di lavoro” in continua espansione, che Madame Hidalgo, con il suo referendum last minute, rischia di far saltare.   

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