Almeno dodici bombe bunker buster da quattordici tonnellate sono state lanciate dall’esercito americano sul sito nucleare di Fordo, l’unico che Israele non era riuscito a colpire e che era considerato l’obiettivo da raggiungere per mettere fine alla guerra. Fordo è in una montagna, a oltre 80 metri di profondità, non sarebbe bastata una bomba per distruggerlo, era stato progettato per essere indistruttibile. Non si conoscono ancora gli effetti del bombardamento, non si sa se l’obiettivo della completa distruzione del programma nucleare è stato raggiunto o se l’impianto è stato soltanto danneggiato, ma il programma nucleare iraniano è tornato, nella nona notte della guerra, indietro di decenni. Il presidente americano Donald Trump è andato davanti alle telecamere per comunicare il risultato del bombardamento, alle sue spalle c’erano il viceprsidente J.D. Vance, il segretario di stato Marco Rubio e il capo del Pentagono Pete Hegseth, i tre rappresentano tre sfumature diverse dentro l’Amministrazione, ognuna con una sua idea sui rapporti da tenere con la Repubblica islamica dell’Iran. Trump ha detto che le strutture per lo sviluppo del nucleare sono state completamente distrutte, “l’Iran, il bullo del medio oriente, ora deve fare la pace”. Su Truth, in un lungo post, ha scritto in lettere maiuscole che adesso è il tempo della pace. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto un discorso in inglese, il cui obiettivo era mostrare la forza della relazione tra Israele e Stati Uniti e ha detto che lui e Trump condividono l’idea della pace attraverso la forza. In realtà il capo della Casa Bianca voleva decidere fino all’ultimo sul da farsi, voleva un segnale serio da parte della Repubblica islamica dell’Iran, aveva provato ultimo tentativo negoziale anche con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, offrendosi di incontrare la guida suprema Ali Khamenei di persona. Nessuno ha saputo come recapitare il messaggio a Khamenei. Poi sabato sera nel suo club privato nel New Jersey, Trump ha dato il via libera all’attacco. La sua portavoce Karoline Leavitt giovedì aveva detto che il presidente avrebbe deciso entro due settimane se attaccare o meno, gli israeliani erano certi che la risposta sarebbe arrivata molto prima. I consiglieri di Trump, tra cui il generale Michael Kurilla, capo del Centocom, che aveva coordinato con Tsahal il piano di attacco già ai tempi dell’amministrazione Biden, aveva fatto capire a Trump quanto fosse importante l’effetto sorpresa. I bombardieri B-2, gli unici in grado di portare le bombe antibunker necessarie, hanno iniziato a muoversi per l’attacco quando ieri in Italia era tardo pomeriggio. La loro missione è durata 37 ore. Quando sono arrivati nei cieli dell’Iran, anche sottomarini d’attacco americani hanno lanciato missili da crociera Tomahawk contro i siti nucleari di Natanz e Isfahan. Israele aveva raggiunto la totale libertà di movimento nello spazio aereo di gran parte dell’Iran, per gli americani è stato semplice colpire. Trump ha definito l’operazione “un successo militare spettacolare”, ha detto: “O ci sarà la pace o ci sarà una tragedia per l’iran ben più grande di quella a cui abbiamo assistito in questi giorni”. Ha messo il regime di Khamenei davanti alla scelta se continuare lo scontro o arrivare al tavolo dei negoziati e tenere intatto, anche se indebolito, il suo potere. Gli Iraniani hanno risposto lanciando missili contro Israele, con la promessa di ridurre in cenere le basi americane in medio oriente.
Continua a leggere su "Il Foglio"