Da quando il partito filorusso Sogno georgiano ha messo in atto in Georgia una serie di misure liberticide che colpiscono principalmente i media di opposizione, le Ong e la società civile, la polizia continua ad arrestare attivisti, giornalisti, politici, intellettuali. I georgiani continuano a scendere in piazza, chiedendo libertà, democrazia, il rispetto dei propri diritti costituzionali, dei diritti umani e un futuro europeo. La giornalista Mzia Amaghlobeli, arrestata a gennaio e condannata ad agosto a due anni di carcere, è diventata il simbolo della resistenza civile georgiana e la sua condanna è stata vista come uno degli infiniti tentativi da parte delle autorità di dimostrare che la dissidenza, la resistenza e l’opposizione vengono punite. I georgiani hanno iniziato a manifestare con costanza dalla primavera dello scorso anno, chiedono che si facciano nuove elezioni e che il governo guidato da Sogno georgiano liberi tutti i politici dell’opposizione, gli attivisti, i giornalisti, gli artisti rinchiusi in carcere senza ragione – il dissenso pacifico, coraggioso, risoluto in galera soltanto perché esiste. Sogno georgiano risponde sin dall'inizio con l’unica arma che conosce, la forza, aumentando i pestaggi, gli arresti, le accuse, le intimidazioni, accucciandosi sempre di più vicino alla Russia (che pure occupa illegalmente il 20 per cento del territorio georgiano). Il gruppo “IIGenerazione” ha intervistato alcuni di questi georgiani detenuti in carcere ingiustamente, chiamati "prigionieri di coscienza", molti hanno meno di trent'anni e si fanno forza con gli slogan di Mzia: “Lottate, fino a quando non sarà tardi”. Riportiamo di seguito alcune delle loro storie, con le loro parole. Nikoloz Javakhishvili ha 21 anni, è stato arrestato lo scorso 5 dicembre, all'una di notte. "La mia vita girava attorno al lavoro, agli studi, a Mari e alla partecipazione alle manifestazioni. Tuttavia, ho visto che non ero solo e intorno a me erano e sono presenti, con il cuore acceso, tantissimi membri della società civile. Questo mi rende felice fino ad oggi. Mi sento come se fossi nuovamente nato e ho acquistato una nuova grande famiglia colma d’amore", dice dal carcere. Alla domanda su come riceve sostegno, Javakhshvili risponde: la forza è nell’unione. "Il sostegno morale è quel tipo di sostegno che rafforza e crea energia nella società. Sono 259 giorni che si chiudono le strade di Viale Rustaveli (è impossibilitato il passaggio con i mezzi di trasporto), i media che non sono di parte rimangono critici e indipendenti, gli attori hanno rifiutato diverse riprese, i musicisti hanno rifiutato la partecipazione a diversi eventi organizzati dal governo, gli emigrati alzano la voce nonostante (per diverse ragioni) siano all’estero, i dipendenti pubblici che servono lo stato sono stati sacrificati (dallo stesso) a causa dell’ amore per la verità e per la giusta presa di posizione contro l’ingiustizia. I nostri famigliari, amici, parenti protestano non solo per la nostra prigionia ingiusta ma anche, insieme a noi, combattono per la verità, per un paese giusto, unito, indipendente ed europeo”. Sulla violenza nei confronti dei manifestanti, Javakhshvili parla dei cannoni ad acqua con i lacrimogeni, i proiettili di gomma, le "macchine della tortura" (i furgoncini della polizia in cui si riporta che i manifestanti abbiano subito violenze), i “robokopebi” (termine informale che si riferisce a coloro che indossano la tenuta antisommossa) attrezzati con casco, scudo e manganello che aspettano l’ordine per intervenire con forza; i “morbenlebi”, incaricati di rincorrere e acchiappare gli attivisti, e "La sedia della tortura". Archil Museliantsi ha 29 anni ed è stato condannato a quattro anni di carcere, racconta che alle proteste di un anno fa si è ritrovato insanguinato nel condominio di un palazzo, "perdevo sangue dal naso, avevo la testa spaccata e le labbra 5 volte più grandi e anche queste spaccate. Sono stati più violenti rispetto alle proteste del 2019". Non abbandonate la Georgia, dice Museliantsi, "è un peccato perdere la Georgia, noi combattiamo per i valori europei. Combattiamo per la salvaguardia dei diritti di ciascuna persona, combattiamo il regime che ha deciso di ignorare la scelta storica del popolo e ci ha sacrificati alla Russia". Valeri Tetrashvili è stato arrestato durante le manifestazioni di dicembre e condannato insieme ad altre 10 persone a due anni di carcere ciascuno dopo che il tribunale di Tbilisi li ha ritenuti colpevoli di aver organizzato e partecipato a un'attività di gruppo che "turbava l'ordine pubblico". Alla domanda "dove vedi te stesso e la Georgia in futuro?", Tetrashvili risponde: "Sulla Georgia posso rispondervi semplicemente: la vedo in Europa". Tornike Goshadze, 25 anni, rischia una condanna da 4 a 6 anni per accuse di violenza di gruppo, tenuto in custodia in carcere, detenuto politico insieme a Kasradze e Tsetkhladze. Racconta di vivere con due paure: la prima è che la minaccia della perdita del paese fosse reale, "e purtroppo non ho ancora superato questa paura". La seconda è che il cammino verso la vittoria non si concluda senza vittime. "Non mi preoccupa la mia prigionia, per quanto dura possa essere. Io semplicemente chiedo ai politici europei, con tutto il cuore e con tutta l’anima, di salvare il mio paese". Zviad Tsetkhladze, 19 anni, studente di legge e attivista, è stato condannato da 6 a 9 anni per l’accusa di organizzazione, conduzione e partecipazione a violenze di gruppo, si rivolge all'Ue con rabbia: "L’Europa ha un brutto difetto: permette alla cattiveria di agire finché non ci saranno esisti spiacevoli. Ha perdonato alla Russia il genocidio in Cecenia e l’aggressione militare del 2008 in Georgia. (Finora l’occidente ha chiuso un occhio sull’occupazione dell’Abkhazia da parte della Russia). Non ha reagito nemmeno quando all’Ucraina è stata sottratta la Crimea. A seguito di queste concessioni abbiamo subito una guerra terribile. All’Europa e all’occidente chiedo che non abbiano tolleranza nei confronti degli autocrati, perché comprendono solo la lingua della forza". Nikoloz (Nika) Katsia è un giornalista georgiano, è stato arrestato il 7 dicembre 2024 mentre usciva di casa per partecipare a una manifestazione pro Ue a Tbilisi. L'obiettivo dei manifestanti, dice, è "far brillare il nostro paese una volta per tutte. Farlo diventare un paese democratico membro dell’Unione europea ed essere un grande paese il cui valore più grande è la persona, i suoi diritti e la sua libertà". Interviste di Nikoloz Javakhishvili, Elena Giorri, Ana Kobadze, Mariami Sagrishvili, e Tamar Gogoladze. Con l'aiuto di Mzevinar Kavtaradze, Ketevan Lomtatidze e Diana Panaioti.
Continua a leggere su "Il Foglio"