Il presidente Donald Trump ha annunciato l'intenzione di imporre un dazio del 25% sulle automobili e sui componenti importati, scommettendo sul fatto che i consumatori accetteranno prezzi più alti oggi in cambio della promessa di riportare in futuro posti di lavoro nel settore manifatturiero. Parlando dallo Studio Ovale, ieri Trump ha spiegato che questa misura mira a incentivare il ritorno dell’industria automobilistica negli Stati Uniti, prevedendo una “crescita enorme” del settore e un significativo aumento del gettito fiscale per il Tesoro americano. “Di fatto applicheremo un dazio del 25%. Ma se producete la vostra auto negli Stati Uniti, non pagherete alcun dazio”, ha dichiarato ai giornalisti. Secondo la Casa Bianca, i veicoli che soddisfano i requisiti di esenzione previsti dall’accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada saranno tassati solo sulla parte dei componenti non di origine statunitense. L’imposizione dei nuovi dazi sulle importazioni inizierà dopo la mezzanotte del 2 aprile. La Casa Bianca ha chiarito che il nuovo dazio si sommerà a quello già esistente del 2,5%, portando il totale al 27,5%, e ha giustificato la misura come risposta a una “minaccia critica alla sicurezza nazionale”. L’annuncio di Trump è l’ultimo di una serie di interventi sul commercio da quando ha iniziato il suo secondo mandato, due mesi fa. Dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, ha già alzato i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio e su vari beni provenienti da Cina, Canada e Messico. Martedì è atteso l’annuncio di un “dazio reciproco”, pensato per far salire le imposte sulle importazioni statunitensi fino a renderle equivalenti a quelle imposte dagli altri paesi sui prodotti americani. Questa misura segnerebbe forse la più netta rottura con la tradizionale politica commerciale degli ultimi decenni. Cercando di rassicurare i mercati, Trump ha dichiarato ieri che molti rimarranno “sorpresi” da quanto i dazi saranno in realtà “clementi”. “Stiamo cercando di mantenere un approccio piuttosto conservativo”, ha aggiunto. L’inasprimento dei dazi sulle auto importate rappresenta una sfida diretta a un’industria ormai fortemente integrata nei flussi commerciali globali. Secondo il Census Bureau, lo scorso anno le importazioni di automobili, componenti e motori hanno toccato il record di 474,3 miliardi di dollari. I veicoli venduti negli Stati Uniti con i marchi GM, Ford o Stellantis dipendono da catene di approvvigionamento che attraversano ripetutamente i confini con Messico e Canada e che utilizzano componenti provenienti dall’Europa e dall’Asia. La Casa Bianca sostiene che l’industria nazionale sia stata indebolita dal fatto che circa la metà dei 16 milioni di veicoli acquistati lo scorso anno siano stati prodotti fuori dagli Stati Uniti. Trump ha invocato i poteri conferitigli dalla “Sezione 232” della legge commerciale del 1962 per giustificare l’imposizione dei dazi. “La nostra industria automobilistica è stata un pilastro dell’arsenale democratico americano che ha contribuito a vincere la Seconda Guerra Mondiale”, ha dichiarato Peter Navarro, consigliere della Casa Bianca per il commercio e la produzione. “All’epoca eravamo una nazione manifatturiera che produceva automobili, non un semplice assemblatore di pezzi stranieri. Ma il commercio sleale ha trasformato l’America in un’industria di assemblaggio a basso costo che ora minaccia la nostra sicurezza nazionale”. La proposta di Trump ha ricevuto il plauso di Shawn Fain, presidente del sindacato United Auto Workers, che l’ha definita “un passo importante nella giusta direzione per i lavoratori del settore e le comunità operaie”. Molte associazioni imprenditoriali, però, si sono opposte. Il National Foreign Trade Council, che rappresenta le multinazionali, ha avvertito che i dazi causeranno “danni irreparabili all’industria automobilistica”. Questo provvedimento dimostra che Trump è disposto a correre rischi politici ancora maggiori rispetto alla sua prima presidenza in ambito commerciale. Con il prezzo medio di un’auto nuova vicino ai 50.000 dollari, i nuovi dazi potrebbero aggiungere più di 10.000 dollari a un acquisto già impegnativo per molte famiglie americane, secondo le stime delle associazioni di settore. Questo ulteriore aumento dei costi potrebbe pesare sui consumatori, già provati dall’inflazione dopo i rincari dell’economia post-pandemia. “Questa sarà un’altra prova di come i dazi colpiscano i prodotti di largo consumo”, ha osservato Chad Bown, economista del Peterson Institute for International Economics. Trump ha definito l’annuncio “molto modesto”. Tuttavia, la sua insistenza nel voler riportare le linee di produzione all’interno degli Stati Uniti rischia di sconvolgere un settore che impiega oltre 3 milioni di americani tra fabbriche, concessionarie e magazzini. A Wall Street, le azioni di General Motors e Stellantis hanno perso oltre il 3%, mentre Ford è rimasta quasi stabile. All’inizio del mese, Trump aveva concesso alle case automobilistiche una tregua, esentando temporaneamente la produzione degli stabilimenti messicani e canadesi dai dazi su altri beni provenienti dai due Paesi. La decisione era arrivata dopo le pressioni degli amministratori delegati delle tre grandi aziende automobilistiche statunitensi. Il presidente si aspettava che le aziende iniziassero a spostare la produzione negli Stati Uniti durante questa breve tregua, ha dichiarato Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca. “Ha detto loro di darsi una mossa, di cominciare a investire e a riportare la produzione in America, dove non dovranno pagare dazi. Questo è l’obiettivo finale”, ha spiegato Leavitt ai giornalisti. Ma non sarà un processo semplice. Per decenni, i governi di entrambi gli schieramenti hanno spinto i produttori a costruire catene di approvvigionamento basate su efficienza e costi ridotti. Riorganizzare queste reti produttive richiederà anni, miliardi di dollari e potrebbe raggiungere gli obiettivi del presidente solo a scapito di altri. “Ora si chiede alle aziende di stravolgere un sistema che già offre il miglior rapporto tra prezzo, qualità e tempi di consegna. Il risultato potrebbe essere auto peggiori di quelle attuali”, ha commentato William Reinsch, esperto di commercio al Center for Strategic and International Studies. Anche il guadagno occupazionale derivante da questo rientro della produzione potrebbe essere inferiore alle attese. Grazie ai progressi tecnologici, le fabbriche di componenti automobilistici sono oggi molto più automatizzate rispetto agli anni ’90, quando l’outsourcing era al suo apice. Ciò significa che le nuove fabbriche avranno bisogno di meno lavoratori rispetto al passato. E il rialzo dei prezzi potrebbe colpire direttamente il mercato delle auto nuove. “I dazi renderanno più costoso produrre e vendere automobili negli Stati Uniti, portando a prezzi più alti, meno scelta per i consumatori e meno posti di lavoro nel settore manifatturiero”, ha avvertito Jennifer Safavian, ceo di Autos Drive America. Trump ha anche dichiarato mercoledì che potrebbe ridurre i dazi sulle importazioni cinesi se Pechino accettasse di favorire la vendita di TikTok a un’azienda statunitense. David J. Lynch © Washington Post Mary Beth Sheridan in Mexico City and Amanda Coletta in Toronto contributed to this report
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