In una New York dove Israele ha lanciato una campagna su decine di cartelloni pubblicitari e camion intorno al palazzo delle Nazioni Unite e a Times Square con lo slogan “ricorda il 7 ottobre”, ieri è arrivato il premier Benjamin Netanyahu per parlare al Palazzo di vetro. I delegati Onu di molti paesi (fra cui quelli di Irlanda, Spagna, Belgio e Norvegia) hanno abbandonato l’aula appena il premier israeliano ha iniziato a parlare. Netanyahu aveva una spilla durante il discorso e ha invitato a “inquadrare il Qr: vedrete perché combattiamo e dobbiamo vincere”. Netanyahu ha ricordato che “il 7 ottobre Hamas ha condotto l’attacco peggiore contro gli ebrei dall’Olocausto, ha decapitato uomini, stuprato donne, bruciato bambini vivi, questi mostri hanno preso in ostaggio 200 persone”. Netanyahu ha chiesto il ripristino delle sanzioni contro l’Iran e ad Hamas ha detto: “Deponete le armi e liberate tutti i 48 ostaggi o vi daremo la caccia”. Ha liquidato i due stati: “I palestinesi non ci credono, non vogliono uno stato vicino a Israele ma al posto di Israele. Dare ai palestinesi uno stato a un miglio da Gerusalemme dopo il 7 ottobre è come dare uno stato ad al Qaida dopo l’11 settembre a un miglio da New York”. Netanyahu ha detto a cosa si oppone, ma non abbiamo sentito cosa li sostituirà. Il commentatore israeliano di destra Shimon Riklin ha elogiato un “discorso forte, intelligente e toccante”, per poi aggiungere un ma: “La lacuna del discorso è la mancanza di una spiegazione su dove andremo con Gaza e l’ignorare il grande banco di sabbia in cui Israele è bloccato. Hamas continuerà a rifiutare ogni accordo. Ogni giorno che passa intrappola Israele nell’arena internazionale ed economica. La nostra trasformazione in Sparta continuerà. Il mercato azionario continuerà a crollare. Altri paesi annulleranno i contratti. Hamas vede tutto e ne è felice, desiderando che la situazione continui. Alla fine, forse dal loro punto di vista, tutta la distruzione a Gaza sarà valsa la pena”. L’ex premier inglese Tony Blair potrebbe giocare un ruolo chiave dopo la fine del conflitto a Gaza: il Financial Times rivela (e la Bbc conferma) che a Blair sarebbe stato proposto, con l’avallo della Casa Bianca, di presiedere in prima persona la Gaza International Transitional Authority dal momento in cui dovessero cessare le ostilità e gli uomini di Hamas fossero costretti a uscire di scena. Netanyahu ha risposto alle accuse di usare la carestia a Gaza: “Né genocidio né fame, evacuiamo civili e li sfamiamo. Quale paese che sta commettendo un genocidio cerca di convincere i civili a recarsi in una zona sicura? Ci accusano di affamare deliberatamente Gaza. Israele sta deliberatamente sfamando Gaza. Se non c’è abbastanza cibo è perché Hamas lo ruba”. Altoparlanti per il discorso di Netanyahu sono stati installati dall’esercito dentro Gaza su camion e gru, per rivolgersi agli ostaggi. “Non vi abbiamo dimenticato, non riposeremo finché non vi avremo riportato a casa” ha detto Netanyahu in ebraico. Il premier israeliano ha accusato i paesi europei: “Quando il gioco si è fatto duro, avete ceduto. Ma non commetteremo un suicidio perché non avete il coraggio di affrontare media ostili e folle antisemite che chiedono il sangue di Israele”. Netanyahu ne ha castigato l’ipocrisia: “Molti leader critici in pubblico, in privato ci ringraziano”. Da diplomatico, l’isolamento per Israele rischia di trasformarsi anche in uno militare. Israel Hayom, il giornale vicino a Netanyahu, ieri ha rivelato che gli arsenali dello stato ebraico sono mezzi vuoti, complici la guerra che dura da due anni, ben oltre quanto immaginato inizialmente, e gli embarghi imposti da vari paesi sulla vendita di armi e componenti a Israele. Quella di Netanyahu su Sparta rischia di essere ricordata come un’autoprofezia.
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