A maggio 2024, in un aeroporto di Santo Domingo, un agente americano del dipartimento della Sicurezza interna (Dhs) ha cercato di convincere il pilota personale di Nicolás Maduro a consegnare agli Stati Uniti il presidente venezuelano, che era stato incriminato nel 2020 con l’accusa federale di narcoterrorismo. L’inchiesta, pubblicata da Associated Press, racconta una storia che “ha tutti gli elementi di un thriller di spionaggio della Guerra fredda: jet privati di lusso, un incontro segreto in un hangar aeroportuale, diplomazia ad alto rischio e il delicato corteggiamento di un luogotenente chiave di Maduro”. “L’operazione rivela la portata, e spesso la superficialità, con cui gli Stati Uniti hanno cercato per anni di rovesciare Maduro, ritenuto responsabile della distruzione della democrazia della nazione ricca di petrolio, offrendo al contempo rifugio a trafficanti di droga, gruppi terroristici e alla Cuba comunista”, scrive il giornalista investigativo che si occupa di America latina da Miami per l’Ap, Joshua Goodman. Edwin Lopez, investigatore del Dhs, era in servizio presso l’ambasciata americana di Santo Domingo come agente per le indagini sulla sicurezza interna, quando venne a sapere tramite un informatore che due jet privati – spesso utilizzati per far volare Maduro verso paesi come Iran, Cuba e Russia – erano atterrati nella nazione caraibica per delle riparazioni “costose”: gli aerei risultavano registrati a società fittizie e avevano componenti statunitensi soggette a restrizioni commerciali (un Dassault Falcon 2000EX e un Dassault Falcon 900EX). Lopez riuscì a scoprire che Maduro aveva inviato una delegazione del personale dell’aeronautica militare venezuelana di cinque piloti sull’isola per recuperare i due jet multimilionari, e secondo fonti di alto livello che hanno parlato all’Ap a condizione di anonimato, parlò con ognuno di loro per un’ora in una piccola sala riunioni all’hangar dell’aeroporto, a breve distanza dal jet. Si tenne “l’obiettivo principale”, cioè quello che gli agenti avevano identificato come il pilota abituale di Maduro, per ultimo: Bitner Villegas. Dopo 15 minuti di conversazione con Lopez, Villegas iniziò a innervosirsi, inizialmente cercò di aggirare le domande sempre più dirette di Lopez, poi confessò di aver pilotato i voli di Chávez e Maduro. L’agente americano avanzò la proposta: “In cambio di un dirottamento del volo del presidente verso un luogo dove poteva essere catturato dalle autorità statunitensi, l’aviatore sarebbe diventato un uomo molto ricco e si sarebbe guadagnato l’adorazione di milioni di venezuelani. Il luogo d’incontro avrebbe potuto essere scelto dal pilota: la Repubblica Dominicana, Porto Rico o la base militare statunitense di Guantanamo Bay, a Cuba”. Villegas non diede una risposta ma lasciò a Lopez il suo numero di telefono, rimanendo in contatto con gli americani su WhatsApp e su Telegram. Dopo essere andato in pensione, l’agente investigativo Lopez lo ha ricontattato: “Sto ancora aspettando la tua risposta”, gli ha scritto il 7 agosto scorso, allegando un link a un comunicato del dipartimento di Giustizia che annunciava che la ricompensa per l’arresto di Maduro fosse salita a 50 milioni di dollari. “Sei ancora in tempo per essere l’eroe del Venezuela e stare dalla parte giusta della storia”. Secondo una fonte dell’Ap dell’opposizione venezuelana in esilio, l’ormai ex agente era “ossessionato dall’idea di consegnare Maduro alla giustizia”, come “una missione incompiuta da completare”: per questo “è per noi più prezioso di molti dei più grandi oppositori di Maduro in Venezuela”, ha detto. Lo scorso settembre, Lopez ha scritto al pilota con un nuovo numero dopo la segnalazione che un Airbus presidenziale stesse seguendo una traiettoria insolita dopo il decollo da Caracas: “Dove stai andando?”. “Noi venezuelani siamo fatti di un’altra pasta, l’ultima cosa che siamo è traditori”, ha risposto Villegas, poi ha bloccato il numero. Pochi giorni dopo, il pilota è comparso in tuta da pilota dell’aeronautica militare in un programma televisivo molto seguito, condotto dal ministro degli Interni Diosdado Cabello, in cui elogiava la sua lealtà, definendolo un “patriota infallibile e tosto”: Villegas ha risposto in silenzio, alzando il pugno chiuso in segno di lealtà.
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