Nemmeno due ore dopo l'annuncio della tregua, l'esercito israeliano ha dichiarato che l'Iran ha lanciato due missili balistici contro Israele. Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha dichiarato di aver ordinato all'Idf di “rispondere con forza alla violazione del cessate il fuoco da parte dell’Iran, con intensi attacchi contro obiettivi del regime nel cuore di Teheran". L'esercito iraniano ha negato qualsiasi attacco in violazione della tregua. Il presidente americano Donald Trump ha annunciato una tregua di dodici ore tra Israele e la Repubblica islamica dell’Iran, che dovrà portare alla fine della “Guerra dei dodici giorni”. E’ stato il capo della Casa Bianca a dare questa denominazione al conflitto. Secondo il suo annuncio, il primo segnale di cessate il fuoco doveva arrivare da Teheran, poi da Israele. Come ha scritto su X il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, l’Iran ha bombardato Israele fino all’ultimo minuto, gli israeliani hanno precisato che, anche dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco, i missili iraniani hanno continuato a colpire il territorio israeliano. Durante la notte sono morti quattro civili a Beer’sheva. Se la tregua verrà rispettata e si arriverà a un accordo per la fine della guerra, Israele avrà raggiunto l’obiettivo di un conflitto rapido, senza trascinare il suo paese e tutto il medio oriente in un lungo confronto, riuscendo a colpire gli impianti nucleari della Repubblica islamica. Gli americani, dopo aver partecipato all’attacco contro i siti di Fordo, Natanz e Isfahan, non si sono impelagati in un conflitto in medio oriente: il bombardamento non è stato il preludio né di un nuovo Iraq né di un nuovo l’Afghanistan. Il cambio di regime nella Repubblica islamica non era in programma e infatti né l’esercito israeliano né quello americano l’hanno perseguito. Il regime iraniano ha mostrato le sue debolezze, i suoi fallimenti dal punto di vista militare e di intelligence, ma ora rivendicherà internamente di aver saputo reagire, attaccando “l’entità sionista”, come chiama Israele, rispondendo all’attacco americano e colpendo le basi del suo esercito in medio oriente con un’operazione chiamata “Annunci di vittoria”. La vittoria basta annunciarla, poco importa se il programma nucleare è stato rimandato indietro di anni, se gli scienziati che ne conoscevano i segreti sono stati eliminati, se i generali che si occupavano del programma nucleare e missilistico sono stati uccisi mentre erano insieme in un unico bunker o nelle loro case; poco importa se in due giorni, i caccia israeliani sono riusciti ad avere il completo controllo in quasi tutto lo spazio aereo iraniano, poco importa se i funzionari e gli agenti del Mossad erano talmente dentro al territorio dell’Iran da avere delle fabbriche di droni portatili. Importa poco anche il fatto che alle operazioni del Mossad hanno partecipato cittadini iraniani, forse desiderosi di accelerare la caduta del regime. La vittoria della Repubblica islamica è stata annunciata: sono bastati i morti civili in Israele, gli attacchi coordinati con la Casa Bianca alle basi americani – coordinati perché l’Iran sapeva di non potersi permettere una guerra più lunga, quindi ha puntato sulla spettacolarizzazione – e sono bastati i circa quattrocento chili di uranio arricchito che il regime è riuscito a nascondere prima dell’attacco sferrato contro Fordo. Quei quattrocento chilogrammi sono la nuova assicurazione sulla vita del regime. I successi militari di Israele sono concreti, il programma nucleare dell’Iran per lo sviluppo della bomba è stato rimandato indietro di decenni, l’Asse della resistenza è stato smantellato. Ma tutto questo va mantenuto con un accordo serio, di cui Trump non ha ancora parlato. Per preservare i risultati ottenuti da Israele servirebbe un accordo stringente con un meccanismo di controllo, “tutto questo non è in vista”, commenta Denny Citrinowicz, esperto del programma Iran dell’Inss. Non c’è nulla che in questo momento impedisca al regime di ricostituire le sue forze, di rimettere in piedi il programma missilistico e di rilavorare al nucleare. Per ottenere risultati duraturi ci vorranno meccanismi di supervisione, che sarà difficile far accettare all’Iran, che inizierà da subito a ricostruire le sue Forze armate “dopo aver imparato la lezione e con il gentile aiuto di Russia e Cina”. L’eredità di questa guerra la scriverà non tanto l’operazione Am Kelavi (“Leone che si erge”) con cui tutto è iniziato, ma lo sforzo internazionale per mantenere i risultati ottenuti.
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