Mentre in Russia l’industria del gas tradizionale via tubo è in grosse difficoltà (leggi Gazprom), quella del gas naturale liquefatto (Gnl) ha registrato un anno positivo. Secondo il quotidiano economico russo Rbc, che riporta dati della società d’analisi Kpler, nel 2024 la Russia ha esportato un record di 33,6 milioni di tonnellate di Gnl, con un aumento del 4 per cento rispetto all’anno precedente, superando così il precedente livello massimo di 32,9 milioni di tonnellate che era stato registrato nel 2022. I dati sono in linea con le aspettative del governo, che a dicembre attraverso il vice primo ministro con delega all’energia Alexander Novak aveva dichiarato una previsione di export di Gnl per il 2024 attorno a 33 milioni di tonnellate. I fattori riguardano da un lato il leggero incremento della produzione in Russia, essenzialmente per il più grande, quello di Yamal Lng, che ha esportato 21,1 milioni di tonnellate (+6 per cento), mentre negli altri impianti le spedizioni sono in calo (in particolare Sachalin-2 che è rivolto soprattutto al mercato asiatico). Dall’altro lato un incremento della domanda, in particolare dall’Europa. Ci sono certamente ragioni contingenti, come l’inverno più rigido e la compensazione con la più forte riduzione di gas russo via tubo, ma c’è da dire che – secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia – a fronte di un incremento di importazioni di Gnl dalla Russia, nel 2024 l’Europa ha ridotto la quota di Gnl come fonte di gas (dal 37 al 32 per cento in un anno), soprattutto per una forte contrazione di importazioni dagli Stati Uniti. Ma ciò vuol dire che, secondo i dati diffusi da Rbc, l’Europa è il principale mercato per il Gnl russo: il 52 per cento delle esportazioni totali (tutta l’Asia fa il 45 per cento). E questo nonostante l’obiettivo europeo di azzerare le forniture dalla Russia entro il 2027 e l’introduzione di sanzioni che colpiscono proprio il gnl, con il divieto di trasbordo per impedire la riesportazione verso paesi terzi fuori dall’Unione europea. Ma si tratta di una questione marginale, perché il problema è che quel gas viene consumato in Europa e non riesportato. I principali paesi importatori di gas liquefatto russo sono la Francia (6,3 milioni di tonnellate), la Spagna (4,8 milioni), il Belgio (4,4 milioni) e i Paesi Bassi (1,3 milioni). Ma anche questo dato spiega poco la realtà. Come spiega il Financial Times, la Germania – che pure respinge le navi russe di Gnl ai suoi porti – continua a comprare importanti quantità di Gnl russo che vengono immesse nel sistema dai porti della Francia e del Belgio. La questione sta diventando imbarazzante, anche perché nel frattempo l’import di gas russo via tubo è crollato al 10 per cento ed è destinato a dimezzarsi ulteriormente nel 2025 con la chiusura del gasdotto ucraino. Tanto che una decina di paesi europei, guidati dalla Polonia, hanno chiesto misure più drastiche come il divieto all’importazione di Gnl russo. E’ evidente che serva una svolta. Non è detto che sia necessario un divieto, anche perché probabilmente nell’immediato è difficile sostituire la mancanza di altri 15 miliardi di metri cubi di gas russo per la chiusura del gasdotto ucraino e tutto il Gnl russo. Però è possibile una drastica riduzione per raggiungere l’obiettivo di eliminare le fonti fossili russe entro il 2027, ad esempio aumentando le importazioni di Gnl dagli Stati uniti che sono diminuire nel 2024. Questo, tra l’altro, sarebbe molto utile anche nel duro negoziato che l’Europa deve affrontare con Donald Trump sui dazi. Il presidente americano è stato molto chiaro nella sua richiesta di riequilibrare il deficit commerciale che gli Stati Uniti hanno con l’Europa. Ed è stato esplicito nel chiedere un aumento di importazioni di Gnl da parte dell’Europa per evitare i dazi. Si tratta di uno scambio pienamente accettabile, perché da un lato va incontro alla necessità europea di rendersi autonoma dalle forniture di Mosca e dall’altro va incontro all’interesse statunitense di riequilibrare la sua bilancia commerciale. Per trovare un accordo su questi termini non ci sarebbe bisogno neppure della minaccia dei dazi.
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