Di fronte all’incontro tra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin in Alaska che si terrà venerdì, il professor Charles Kupchan è scettico. “Non accadrà molto”, dice al Foglio l’esperto di relazioni internazionali che ha lavorato per Obama e Clinton. “La situazione dopo il meeting sarà più o meno identica a quella prima del meeting”. Questo perché, per quanto “bisogna dare credito a Trump di aver iniziato un dialogo strategico con Putin”, la guerra in Ucraina ha bisogno di terminare a un “tavolo negoziale”, per ottenere “un cessate il fuoco e un accordo duraturo”, e per questo è centrale “la diplomazia tra Washington e Mosca”. Eppure, ci dice il professore di Georgetown, “non abbiamo alcuna prova che Putin sia pronto a ridimensionare le sue mire di guerra. Non solo sembra deciso a ottenere più territori nell’est dell’Ucraina, ma anche a ‘rompere’ politicamente il paese, installando un regime pro-Russia a Kyiv”. Se ci sono possibilità di un accordo, “saranno accettabili per l’Ucraina solo se l’80 percento del paese controllato da Kyiv resterà una nazione libera, sovrana e indipendente, in grado di acquisire capacità militari per difendersi e di scegliere il suo allineamento futuro, inclusa un’adesione all’Unione europea. Ottenere questo risultato molto probabilmente richiederà maggior pressione coercitiva da parte di Trump”. Ma quale vantaggio ha Putin sul presidente americano? “Il suo vantaggio è il controllo del 20 percento dell’Ucraina, e il suo continuo avanzamento sul campo di battaglia. Trump ha bisogno che Putin sia pronto a un compromesso, se vuole far finire il conflitto”. Però le parti non sono solo due, c’è anche il presidente Zelensky, che non sarà in Alaska, e ha già detto che non darà la sua terra agli occupanti. “Almeno per ora”, ci dice Kupchan, “gli ucraini hanno una scarsa prospettiva di recuperare i territori al momento occupati dai russi. Come conseguenza, potrebbero non esser disposti a terminare il conflitto lungo la linea corrente del fronte fino a quando non hanno una qualche certezza che l’accordo assicuri la sovranità e la sicurezza del resto dell’Ucraina”. Ci si chiede perché Trump, che aveva imposto una deadline per le sanzioni contro la Russia, l’abbia anticipata. E alcuni vedono un cambio di rotta nel suo rapporto con Putin. “Penso che Trump l’abbia fatto”, dice Kupchan rispetto alle sanzioni, “per avere un incontro diretto con lui e per fare qualche progresso”, anche perché Trump aveva promesso la pace il primo giorno della sua presidenza. E alla base trumpiana Maga, spesso molto filo-putiniana, non disturba questo cambio di rotta? “Alla base Maga non gli importa nulla”.
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