I rappresentanti di Cina, Russia e Iran si sono incontrati oggi a Pechino per un primo round di colloqui “sul nucleare iraniano”, come sono stati definiti anche dal ministero degli Esteri del paese ospitante. Mao Ning, la portavoce della diplomazia cinese, ha detto mercoledì che “le tre parti si scambieranno opinioni sulla questione nucleare iraniana e su altre questioni di reciproco interesse”. L’espressione relativa alla “questione del nucleare iraniano” evoca – specialmente con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca – l’accordo da cui l’America decise di ritirarsi nel 2018, quando Trump prometteva il ritorno a una politica di “massima pressione” contro Teheran. Per la Cina è importante promuovere questa ambiguità: da un lato vuole far sembrare che Pechino si trasformi in mediatrice di un nuovo accordo sul nucleare con l’Iran, ma è un bluff, perché a guardare bene, Pechino, Mosca e Teheran non erano mai state così allineate. E lo dimostra il fatto che i colloqui vengano svolti a livello di viceministri, con il cinese Ma Zhaoxu, il russo Sergey Ryabkov e l’iraniano Kazem Gharibabadi. “I tre paesi hanno ribadito che l'impegno politico e diplomatico e il dialogo basato sul principio del rispetto reciproco rimangono l'unica opzione praticabile”, ha dichiarato Ma Zhaoxu dopo l'incontro. “Le parti interessate dovrebbero lavorare per eliminare le cause alla radice della situazione attuale e abbandonare le sanzioni, le pressioni e le minacce sull'uso della forza”. Particolarmente curioso il caso cinese, che nel 2015 fece una delle sue prime esperienze ai tavoli internazionali per negoziare il deal iraniano da cui poi, nel 2018, Trump decise di uscire. Ma c'è molto di più a spiegare l'allineamento fra Cina, Russia e Iran. Pochi giorni fa è iniziata la quinta edizione delle Marine Security Belt 2025, esercitazioni militari congiunte fra Cina, Russia e Iran nel Golfo dell’Oman. I tre paesi non hanno mai smesso di rafforzare l’integrazione dei loro sistemi di Difesa, e ancora una volta la leadership cinese cerca di costruirsi un ruolo di “mediatore” – che per sua natura dovrebbe essere terzo e imparziale – quando nella realtà dei fatti è parte di un’alleanza trilaterale ben definita. Inoltre la “questione del nucleare iraniano” è ben più complicata di quanto non voglia far apparire la Cina. L’altro ieri la guida suprema iraniana Ali Khamenei ha detto che negoziare con l’Amministrazione Trump, che nelle ultime settimane e nella nota lettera inviata dal presidente americano avrebbe avanzato richieste eccessive all’Iran, “stringerà il nodo delle sanzioni e aumenterà la pressione sull’Iran”. “Se volessimo costruire armi nucleari”, ha scritto Khamenei anche su X, “gli Stati Uniti non sarebbero in grado di fermarlo. Noi stessi non lo vogliamo”. Il terzo lato del tavolo dei colloqui che si aprono oggi a Pechino sarà rappresentato dalla Russia, una potenza che minaccia quotidianamente l’occidente di usare le armi nucleari per scopi offensivi.
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