Donald Trump ha deciso di inviare a Chicago la Guardia nazionale, adducendo nuovamente a pretesto la criminalità e le proteste di fronte ai centri di detenzione per migranti gestiti dall’Ice, che il responsabile dell’immigrazione Stephen Miller ha definito nientemeno che “terrorismo domestico”. La decisione, che non è stata bloccata preventivamente dalla magistratura in attesa di un’udienza da svolgersi giovedì, non è condivisa dal governatore dell’Illinois, J. B. Pritzker, che l’ha definita “un’invasione incostituzionale”. La Guardia nazionale è formata, infatti, da truppe di stanza statale che di solito si occupano di problemi come i disastri naturali: può essere federalizzata dal presidente, solitamente su richiesta delle autorità dello stato in questione, che non ha ottenuto, dato che Pritzker si è dichiarato più volte contrario all’arrivo delle truppe. Negli ultimi mesi Trump ha alzato il livello dello scontro, inviando senza richiesta la Guardia nazionale prima in California e poi nella capitale Washington, ricevendo lo sdegno dei governatori democratici ma l’assenso di molti repubblicani: in Louisiana, il governatore repubblicano Landry ha dato l’assenso a Trump per inviare truppe a New Orleans, amministrata da un sindaco del partito rivale, sempre giustificando la decisione con motivazioni legate ai tassi di criminalità. Mosse come questa hanno generato tensione tra i governatori: Pritzker e il suo omologo della California Gavin Newsom hanno minacciato di uscire dalla National Governors Association, la conferenza bipartisan che riunisce i vertici esecutivi statali, se questa decidesse di non denunciare l’intromissione federale nella gestione dell’ordine pubblico dei singoli stati. Nel frattempo, Trump aveva decretato l’invio della Guardia nazionale anche a Portland, in Oregon: qui, però, una giudice nominata da Trump ha bloccato l’ordine, asserendo come non sia sostanziato dai fatti. Una mossa contestata dal presidente, che ha affermato che la giudice “dovrebbe vergognarsi”, e che ha evidenziato un’acredine sempre più plateale dell’Amministrazione verso la magistratura, che in questo primo anno di presidenza si sta dimostrando ben più efficace del Congresso nel bloccare gli ordini più palesemente incostituzionali del presidente. Stephen Miller ha affermato che quella delle corti sarebbe “un’insurrezione legale che vuole avocare a sé poteri riservati solamente al presidente”. I sostenitori di Trump sarebbero, poi, sempre più aperti a uno scontro diretto tra il potere esecutivo e quello giudiziario: secondo Axios, la base del movimento Maga vedrebbe con favore una sfida aperta dell’esecutivo ai tribunali, attraverso il rifiuto di sottostare alla sentenza di una corte. Inoltre, Trump ha apertamente ventilato l’idea di utilizzare l’Insurrection Act, che permetterebbe al presidente di inviare i militari nelle città statunitensi per sopprimere rivolte, proteste violente o insurrezioni armate. Una legge del 1807 utilizzata soltanto trenta volte nella storia del paese, l’ultima nel 1992, quando il governatore della California Pete Wilson chiese all’allora presidente George H. W. Bush l’invio di truppe per sopprimere le rivolte violente seguite alla scarcerazione di alcuni poliziotti dopo il pestaggio nei confronti del cittadino afroamericano Rodney King. Per tornare, invece, all’ultimo utilizzo di questa legge senza il previo consenso del potere locale bisogna risalire al periodo tumultuoso delle lotte per i diritti civili quando, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Eisenhower e Kennedy lo invocarono più volte per proteggere i cittadini afroamericani negli Stati che non rispettavano le sentenze della Corte suprema sulla desegregazione. Mentre Miller parla apertamente di terrorismo interno riferendosi agli attivisti di sinistra e l’Attorney General Pam Bondi attacca al Congresso il Senatore dell’Illinois Dick Durbin, affermando che “non protegge i suoi cittadini”, Trump alza sempre più il livello dello scontro politico, affermando che userebbe l’Insurrection Act in caso di necessità, “come nel caso ci fossero dei crimini e le corti ci rallentassero”. Un’affermazione che suona più sinistra dopo il comizio fatto davanti agli ufficiali dell’esercito la settimana scorsa, in cui aveva affermato che le città americane sarebbero presto diventate un campo di allenamento per i militari, dato che c’era bisogno di sconfiggere il nemico interno: frasi che Pritzker ha definito “le azioni di un piccolo tiranno”.
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