Bruxelles. L’Unione europea è in difficoltà sulla promessa fatta all’Ucraina di fornirle un “prestito di riparazione” da 140 miliardi di euro utilizzando gli attivi sovrani russi immobilizzati, un aiuto considerato urgente e indispensabile per consentire al paese di continuare a funzionare e difendersi nella guerra di aggressione della Russia. L’Ucraina potrebbe esaurire le risorse per pagare stipendi, pensioni e armi alla fine di febbraio. In gioco c’è anche un prestito del Fondo monetario internazionale. La Commissione ieri ha condotto delle discussioni tecniche con il Belgio, il paese dove sono detenuti gli attivi russi e il cui primo ministro, Bart De Wever, ha bloccato un accordo a fine ottobre per i timori di ritrovarsi da solo a dover rimborsare alla Russia l’equivalente di un terzo del pil. Dentro la Commissione le bocche sono cucite sull’esito delle discussioni con i funzionari di De Wever. La fase è molto delicata. Il 23 ottobre i capi di stato e di governo hanno dato mandato a Ursula von der Leyen di presentare “il più presto possibile” diverse “opzioni” per garantire il fabbisogno finanziario dell’Ucraina nel 2026 e 2027. La Commissione ritiene che l’uso degli attivi sovrani russi sia l’unica strada percorribile sia sul piano politico sia su quello finanziario. Ma il Belgio non è il solo paese ad avere dubbi ed esprimere prudenza (l’Italia è uno di questi). La tattica di von der Leyen è di dimostrare che tutte le opzioni alternative all’uso degli attivi russi sono peggiori per le finanze pubbliche degli Stati membri. La Commissione ha fatto sapere alle capitali quali sono le altre “opzioni” che ritiene possibili, anche se difficili e non auspicabili, per garantire 140 miliardi all’Ucraina. Il meccanismo di finanziamento non sarebbe più fondato su un prestito, ma su sovvenzioni. La prima opzione è un nuovo strumento di debito comune per fornire gli aiuti all’Ucraina. Secondo il Financial Times, il costo degli interessi ammonterebbe a 5,6 miliardi l’anno, a carico degli stati membri. Per la Francia significherebbe quasi un miliardo di euro l’anno, per l’Italia 675 milioni. Ci potrebbero essere implicazioni per il rating dell’Ue, cosa che non piace alla Germania e ai frugali. La seconda opzione è ancora peggiore per i governi: sovvenzioni bilaterali all’Ucraina, da versare nel corso dei prossimi due anni. Il conto nel 2026 e 2027 per la sola Italia sarebbe di quasi 20 miliardi, che andrebbero a pesare sul deficit e sul debito. Entrambe le alternative comporterebbero degli aggiustamenti fiscali per alcuni stati membri. Basterà la prospettiva di aprire subito la cassaforte per convincere i governi reticenti? E’ la scommessa di von der Leyen. Tuttavia la sua proposta di “prestito di riparazione” include passività finanziarie anche con l’utilizzo degli attivi russi. Gli altri stati membri sarebbero chiamati a fornire garanzie al Belgio nel caso in cui fosse obbligato a rimborsare il totale degli attivi russi immobilizzati (185 miliardi in totale). Potrebbe accadere in caso di sentenza arbitrale favorevole alla Russia o mancato rinnovo delle sanzioni dell’Ue (Viktor Orbán ha la possibilità di mettere un veto ogni sei mesi). Almeno fino al 2028, quando potrebbe intervenire il nuovo bilancio dell’Ue, tutti i ventisette diventerebbero debitori solidali, potenzialmente obbligati a versare nelle casse della Banca centrale russa l’ammontare di tutti gli attivi immobilizzati a causa di una sentenza o di Orbán. Almeno su questo, l’Ue potrebbe trovare un alleato insperato: la Norvegia. Due economisti, Harald Haaland e Knut Anton Mork, hanno proposto di usare il fondo sovrano norvegese da 1,7 trilioni di euro per “assumere le passività eventuali legate al nuovo prestito ucraino” dell’Ue. La Norvegia non fa parte dell’Ue, ma ha fatto grandi profitti grazie all’aumento del prezzo del gas tra il 2022 e il 2024. Una parte è stata destinata all’Ucraina fino al 2030, ma coprire i rischi del Belgio (e dell’Ue) sarebbe un modo per aiutare ancor di più. A Bruxelles i diplomatici esprimono sorpresa sulla proposta. Ma a Oslo la maggioranza dei partiti in Parlamento è favorevole.
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