E' una vittoria senza repliche. Non c'è neanche bisogno del ballottaggio. Con 119 voti Riad vince la sfida per ospitare l'esposizione universale del 2030. Per Roma invece è un flop clamoroso. Con soli 17 voti si piazza terza, dietro la coreana Busan che raccoglie 29 preferenze. A Parigi, al palazzo dei congressi di Issy, sud-ovest della capitale francese, ognuno aveva schierato i suoi pesi massimi. Per l’Italia Bebe Vio, per i sauditi il più grande brand umano in circolazione, Cristiano Ronaldo, per la Corea del Sud l’ex segretario delle nazioni unite Ban Ki-moon. A scegliere sono stati i 182 delegati del Bureau International dex Expositions, uno per ogni paese aderente al Bie. Ciascuna città ha avuto a disposizione 20 minuti per presentare la propria candidatura, sceneggiando a piacimento il tempo disponibile, tra video e interventi dal palco. Fuori dal palazzo a farla da padroni sono stati i coreani. Hanno colorato con le tonalità della bandiera del paese un intero bistrot e molte delle vie limitrofe. In abiti tradizionali un gruppo ha cantato Les champs elysee versione K-Pop I sauditi invece hanno accolto i delegati intonando: "Riad, Riad, Riad". Hanno piazzato diverse palme con il logo arcobaleno della propria candidatura. Un colpo di gomito ammiccante alla comunità Lgbtq+ che in Arabia Saudita non se la passa proprio benissimo? Loro smentiscono. Ma la presentazione dei sauditi, la più sfarzosa, è tutta un’immaginifica visione di un futuro ultra inclusivo. Nei tre video promozionali che scandiscono la presentazione si vedono bambini di ogni provenienza, occidentali massimamente integrati (Cristiano Ronaldo dice: “Riad è magnifica”) e città in cui persino i robot sono simpaticamente accolti da una comunità di umani bianchi, neri, gialli. Non c’è Mohammad Bin Salman, al suo posto il primo a parlare è il ministro degli Esteri Faisal bin Farhan. Dopo di lui parlano, sempre nell’ottica di un'Arabia terra d’inclusione, due donne, Ghida Al Shibl, del comitato promotore della candidatura di Riad e la principessa Haifa Al Mogrin, rappresentante permanente dell’Arabia Saudita all’Unesco. Prima dei sauditi era toccato all’Italia presentare la propria candidatura. A differenza di Corea e Arabia, non c’è sul palco nessun rappresentante istituzionale (anche se in sala ci sono il sindaco Roberto Gualtieri, il ministro dello Sport Andrea Abodi insieme alla sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi e alla vicepresidente della Regione Lazio). Intervengono l’attrice e produttrice brittanica Trudie Stiler che racconta la vita in Italia sua e del marito, nientepopodimeno che il cantante Sting. “Posso entrare? La porta è aperta”, ripete più volte per raccontare la capacità di accogliere tutta italiana. D’altronde il claim del video emozionale con le immagini della città eterna è “This is Roma” con un H che all’ultimo sostituisce la R trasformandolo in “This is Home”. Dopo di lei, l’attrice Sabrina Impacciatore insiste su questa capacità di Roma di accogliere chiunque e su città Mamma Roma di Pasolini, prima di leggere una poesia di Erri De Luca. Chiude Bebe Vio raccontando la sua vita e i suoi successi paralimpici, anche grazie all’Italia. In mezzo c'è il video di Jannik Sinner che a favore di webcam legge dalla sua cameretta un messaggio per promuovere la candidatura romana. E quello da Palazzo Chigi della premier Giorgia Meloni: “Scegliere Roma significa portare la storia nel futuro”. Poi tutti sul palco per un gran momento “caciarata”. “Se perdemo se semo fatti na gita a Pariggi”, scherza qualcuno. La prima a presentare la propria candidatura era stata invece la coreana Busan. Con una serie di interventi invece molto istituzionali. I re del K-pop, come Psy (il cantante di Gagnam Style), ci sono ma solo nei video promozionali di cui sono protagonisti e ritornano sul passaggio dal disastro della guerra di Corea alla grande avanzata tecnologica. A parlare per primo è il sindaco di Busan Park Heong-Joon, che è accompagnato sul palco dalla mascotte della candidatura, il gabbiano Bogie, e un gruppo di cinque ragazzi, che tiene le lettere che compongo il nome della città: per ognuna un aggettivo che descrive le bellezze della città, non proprio un’idea innovativa. Il, ripete “Busan is…” e loro “Ready”. Dopo di lui ecco il magnate Chey Tae-won, numero uno di Sk Group (il secondo conglomerato coreano con partecipazioni dal settore energetico ai semiconduttori passando per farmaceutico e telecomunicazioni). La sintesi del suo intervento è questa: le sfide del mondo si risolvono con la tecnologia. Sottotesto: quella coreana. Ci sono poi gli interventi del primo ministro e soprattutto il più atteso, quello dell’ex segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon. "Busan non è solo una destinazione ma è un punto di partenza. Sosteneteci, camminate con noi per arrivare a un mondo più green e più pacifico" Poi il voto: Riad ottiene 119 voti e conquista l'Expo 2030 senza passare neanche dal ballottaggio. Per Roma (17 voti) un fallimento clamoroso. (Foto e video di Mauro Zanon)
Continua a leggere su "Il Foglio"