Come Trump nessuno mai. Tutte le magagne degli altri presidenti

31/03/2023 13:48 Il Foglio

L'ex presidente Donald Trump è stato incriminato per aver utilizzato fondi della campagna elettorale per comprare il silenzio della pornostar Stormy Daniels e per altri capi di imputazione. In senso stretto, Il tycoon è così divenuto il primo presidente o ex presidente americano a essere incriminato da una corte. Ma non è certo il primo colpito da accuse penali. Presidente degli Stati Confederati d’America dal 18 febbraio 1862 fino alla resa sudista il 5 maggio 1865, Jefferson Davis il 9 maggio 1865 fu arrestato, ma si creò un garbuglio costituzionale a proposito di quale imputazione utilizzare. Per risolverla, il Congresso nel giugno 1866 approvò con 105 voti contro 19 una risoluzione per processarlo per tradimento. La Difesa si preparò a dare battaglia col sostenere che per la secessione del Mississippi dagli Stati Uniti Jefferson Davis aveva cessato di esserne cittadino. Così una assoluzione avrebbe potuto interpretata come riconoscimento della legalità della secessione, mentre una condanna ne avrebbe potuto fare un martire: problema politico che fu risolto prima in via provvisoria il 13 maggio 1867 attraverso un rilascio su cauzione di 100 mila dollari, pagati con colletta di vip come l'editore Horace Greeley, il magnate Cornelius Vanderbilt e anche il ricco filantropo abolizionista Gerrit Smith, a suo tempo finanziatore anche dell’antischiavista radicale John Brown; e poi in via definitiva dall’amnistia con cui per il Natale 1868 il presidente Andrew Johnson liquidò tutte le pendenze restate dalla secessione.      Jefferson Davis, però, non era stato presidente degli Stati Uniti, ma di una entità che se ne separò per quattro anni. In questo senso, il caso Trump è una novità, anche se l’imputazione sui 130 mila dollari dati alla pornostar Stormy Daniels per tacere della loro relazione - cosa che è avvenuta prima di altre più gravi, come l’inchiesta civile sugli asset gonfiati, quella sulle interferenze sul voto, le carte riservate di Mar-a-Lago, le accuse di golpe per l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 - evoca a sua volta un’altra delle vicende penali più famose della storia americana: il mafioso Al Capone, che su tanti delitti commessi si poté “incastrare” solo per evasione fiscale. Il parallelo è stato evocato alla Cnn dallo stesso Michael Cohen, ex avvocato di Trump e ora suo principale accusatore, sembra ci abbia preso gusto. “L'ho sempre chiamata: la teoria di Al Capone. Non sono riusciti a incastrarlo per omicidio, estorsione, racket, contrabbando, ecc. L'hanno preso per evasione fiscale. Se quel crimine è stato sufficiente per me per essere accusato, multato, condannato e mandato in prigione, perché dovrei essere diverso da Donald Trump?”.    Tuttavia, anche altri presidenti sono stati colpiti da scandali legali ed etici, al punto che uno ne fu costretto alle dimissioni e altri due finirono sotto impeachment. Il più colpito fu appunto Richard Nixon, eletto nel 1968 e confermato nel 1972. Durante la campagna elettorale per la sua riconferma, però, ci fu lo scandalo Watergate: sette uomini arrestati per un tentativo di irruzione in un comando elettorale democratico nell’omonimo hotel. Due risultarono essere ex-aiutanti della Casa Bianca, il che collegò l’operazione al presidente. Cinque imputati si dichiararono colpevoli, altri due furono condannati in processi penali. Passato inosservato al momento del voto, lo scandalo montò sempre di più nei due anni a seguire fino al punto in cui la Commissione Giustizia della Camera non votò tre richieste di impeachment: per ostruzione alla giustizia, abuso di potere e oltraggio al Congresso. Prima che l'intera Camera potesse votare, fu resa nota una registrazione esplosiva che mostrava Nixon a approvare un piano per fare pressione sull'Fbi affinché abbandonasse la sua indagine sul Watergate. Il 9 agosto del 1974, dunque, Nixon si dimise prima delm voto sull’impeachment. Il suo vicepresidente, Gerald Ford, divenne presidente e decise di graziare Nixon un mese dopo, evitando conseguenze penali.   L’impeachment fu invece votato per Bill Clinton, che trascorse più della metà dei suoi otto anni di presidenza sotto indagine, in casi che spaziavano dagli affari immobiliari falliti alla falsa testimonianza in merito alla relazione extraconiugale avuta con la stagista della Casa Bianca Monica Lewinsky. Sulla prima vicenda l'avvocato indipendente Kenneth Starr, nominato per sovrintendere alle indagini nel 1994, non produsse alcuna prova di illeciti da parte Bill e Hillary Clinton per i loro investimenti di nella travagliata società immobiliare Whitewater. Ma due dei suoi stretti collaboratori, Jim e Susan McDougal, finirono per essere condannati per accuse relative a Whitewater. E lo stesso accadde a Guy Tucker, il successore di Clinton come governatore dell'Arkansas, anche costretto alle dimissioni.    Il rapporto di Starr del 1998, ricco di dettagli esplosivi e hot sulla relazione di Clinton con la stagista Monica Lewinsky, si rivelò molto più dannoso. Mentre era sotto interrogatorio in una causa per molestie sessuali promossa dall'ex dipendente statale dell'Arkansas Paula Jones, Clinton aveva negato di avere una “relazione sessuale” con Lewinsky. Starr ne concluse che Clinton aveva mentito sotto giuramento e ostacolato la giustizia. Ciò portò la Camera a votare per mettere sotto accusa Clinton, il 19 dicembre 1998: 228 voti contro 206 per spergiuro a un gran giurì e 221 contro 212 per ostruzione alla giustizia. Ma il Senato votò rispettivamente 55 a 45 e 50 e 50, e senza i prescritti due terzi Clinton poté terminare il mandato.   Prima di lui, l’unico altro presidente degli Stati Uniti soggetto a impeachment era stato Andrew Johnson: vicepresidente democratico e del sud eletto col repubblicano Lincoln nel 1864 su una formula di unità nazionale durante la guerra civile, e diventato presidente con l’assassinio di Lincoln. Fu un presidente che tentò la conciliazione col sud, provocando però così l’irritazione dei repubblicani radicali. Quando destituì il segretario alla Guerra Edwin Stanton fu dunque accusato di averlo fatto illegalmente, e sottoposto a impeachment in Senato il 5 marzo 1868. Dopo due mesi il procedimento fu respinto, per un solo voto. Johnson finì il mandato, e con esso però anche la sua carriera politica. Se l’idea che un presidente dovesse avere l’assenso del Congresso per destituire un ministro si fosse affermata gli Stati Uniti sarebbero divenuti un sistema parlamentare, ma dopo Johnson la prassi presidenzialista riprese.    Anche Reagan fu coinvolto in un grosso scandalo, che però non lo toccò personalmente. Nel 1986, durante il suo secondo mandato, il pubblico apprese che la sua amministrazione aveva autorizzato la vendita segreta di armi all'Iran mentre cercava l'aiuto iraniano per liberare gli ostaggi americani detenuti in Libano: fino a 30 milioni di dollari, in violazione della legge statunitense, per aiutare i ribelli Contras che combattevano il governo di sinistra del Nicaragua. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Reagan, John Poindexter, si dimise. Un aiutante, il tenente colonnello Oliver North, fu licenziato. Entrambi furono anche condannati per crimini derivanti dai tentativi di ingannare e ostacolare il Congresso, con sentenze però annullate in secondo grado. Il presidente George H Bush, successore di Reagan, ha perdonato altri sei coinvolti. Reagan ha insistito sul fatto che il denaro derivante dalla vendita di armi fosse stato destinato ai ribelli del Nicaragua a sua insaputa.    Ulysses S. Grant, successore di Johnson dopo essere stato comandante in capo nordista nella guerra civile, non fu mai personalmente accusato di crimini o formalmente accusato di illeciti. Ma con lui presidente nel 1875 un'indagine avviata dal segretario al Tesoro Benjamin H. Bristow portò centinaia di arresti in uno schema noto comeWhisky Ring, con milioni di dollari in tasse sugli alcolici sottratti da distillatori e agenti fiscali in combutta. A un certo punto fu incriminato il generale Orville E. Babcock; suo segretario personale dopo essere stati amici dai tempi della guerra. Grant insistette per testimoniare in suo favore. Per evitare lo spettacolo dell'apparizione del presidente al processo Babcock, Grant fu interrogato sotto giuramento dagli avvocati della Casa Bianca il 12 febbraio 1876. Una trascrizione della sua testimonianza fu successivamente letta in tribunale a St. Louis. La giuria assolse Babcock, una decisione in gran parte attribuita alla ferma difesa di Grant.

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